Il ginocchio valgo

Il ginocchio valgo è comunemente conosciuto e chiamato “ginocchia a X”.

E’ una deformità anatomica per cui non c’è il corretto allineamento tra i femori e le tibie.

Solitamente ci si riferisce ad una deformità bilaterale, esistono tuttavia anche casi di ginocchio valgo monolaterale, ossia che interessano un solo ginocchio.

Le forme più lievi non impattano in alcun modo sulla vita della persona, mentre le forme più importanti sono dolorose e possono causare altre complicanze all’articolazione.

 

Le cause principali sono:

– inadeguatezza dei muscoli dell’anca (i glutei)

– inadeguatezza dei muscoli della coscia (vasto mediale, semimembranoso e semitendinoso)

– incapacità della caviglia di compiere una normale dorsiflessione, ovvero il classico movimento che ci consente di camminare sui talloni

– predisposizione fisica

Inoltre questa patologia può essere favorita da rachitismo, obesità e displasia scheletrica.

Nei bambini fino a 6 anni di età è piuttosto comune, ed è anche spesso una situazione temporanea che si risolve con la crescita in maniera naturale (tendenzialmente entro i 9 anni).

 

I principali sintomi sono:

– dolore focalizzato sulla rotula o nella parte esterna del ginocchio

– anomalie nella normale deambulazione, che tende nel tempo a sovraccaricare il menisco laterale

– instabilità del ginocchio

– ridotta mobilità del ginocchio

 

Diagnosi

Riconoscere un ginocchio valgo è piuttosto semplice, dato che è ben visibile anche ad occhio. Nei casi più importanti la risonanza magnetica è sicuramente di supporto per valutare al meglio la situazione generale

 

Terapia

Quando il ginocchio è asintomatico, tendenzialmente non è suggerita alcuna terapia.

Se invece è doloroso, si passa ad un trattamento conservativo, e nello specifico:

– plantari o scrape ortopediche

– fisioterapia, soprattutto volta al rinforzo muscolare

– antinfiammatori

– iniezioni di acido ialuronico

In caso la terapia conservativa non sia sufficiente, si valuta l’intervento chirurgico, nello specifico l’intervento di osteotomia femorale, che ha come obiettivo rimodellare la porzione distale del femore in modo da riallineare femore e tibia.

Artrosi e Medicina Rigenerativa – Quando è efficace?

Sempre più si parla di Medicina Rigenerativa come soluzione all’artrosi.

Mi fa indubbiamente piacere che queste tecnologie innovative siano sempre più conosciute, ma invito sempre alla cautela, dal momento che l’efficacia delle terapie è strettamente legata alla corretta indicazione
Non è detto che un’articolazione dolente necessiti di questi trattamenti.

In linea generale, se parliamo di artrosi (che non è l’unica patologia che può essere trattata con questi trattamenti), la Medicina Rigenerativa offre i migliori benefici quando ci troviamo di fronte ad un’artrosi di I e II grado, ovvero in presenza di modificazioni iniziali e non estese della articolazione.
Nei casi più avanzati, ovvero quelli di III e IV grado, che portano progressivamente alla presenza di deformità ossee e restringimenti dello spazio articolare, difficilmente possiamo garantire un risultato importante.

Come funziona la Medicina Rigenerativa?
Per quanto riguarda l’artrosi, parliamo per lo più di innesto di cellule mesenchimali prelevate dal tessuto adiposo.

Le cellule mesenchimali staminali sono in grado di trasformarsi in altri tipi di cellule del corpo, in quanto cellule non specializzate. Una volta innestate nell’articolazione danneggiata, attivano il processo di rigenerazione della cartilagine e di conseguente guarigione dalla patologia.

Le cellule vengono prelevate dal paziente stesso (innesto autologo) e poi purificate prima di essere iniettate nell’articolazione.

Le cellule mesenchimali si trovano principalmente nel tessuto adiposo, dato che è tendenzialmente quello che ne contiene la più alta concentrazione, è molto facile da raggiungere ed il prelievo è meno doloroso e meno invasivo rispetto alle altre sedi.
Inoltre, è estremamente “facile” da prelevare, dato che il corpo umano è totalmente ricoperto di tessuto adiposo, in particolare sull’addome.
Non ultimo, le cellule prelevate dal tessuto adiposo hanno la capacità di migliorare la lubrificazione fra le articolazioni e aumentare la distanza tra i capi articolari riducendone l’attrito.

Come avviene il trattamento?
Caratteristica molto importante di questa metodica è la semplicità. Il trattamento ha una durata totale di circa 30 minuti, si può effettuare anche in ambulatorio chirurgico, con la sola anestesia locale e senza necessità di ricovero. La persona quindi rimane un paio d’ore in osservazione e poi va tranquillamente a casa.
Anche il recupero post-intervento è molto semplice, si consiglia di non eseguire attività sportiva ed evitare eccessivi carichi per 2-3 settimane.

L’intervento si divide in 3 fasi:
• Lipoaspirazione
Il chirurgo ortopedico pratica una piccolissima incisione sull’addome per prelevare il tessuto adiposo grazie ad una cannula, ed applica un punto di sutura protetto da bendaggio che il paziente dovrà tenere per una settimana.
• Processazione
Il tessuto prelevato viene inserito immediatamente nel kit monouso e manipolato in un sistema chiuso e asettico per eliminare residui oleosi ed ematici, che potrebbero causare un’infiammazione.
• Infiltrazione
Ultimo passaggio, il tessuto adiposo ricco di cellule mesenchimali staminali viene prelevato dal kit e iniettato nell’articolazione interessata.

Obiettivi
L’obiettivo di questo trattamento è eliminare (o ridurre sensibilmente) il dolore e recuperare la funzionalità, al fine di poter vivere la propria vita sportiva e lavorativa senza limitazioni e senza dover ricorrere all’intervento di sostituzione dell’articolazione con una protesi magari in giovane età.

Conclusioni
Senza dubbio la Medicina Rigenerativa è oggi una grande possibilità che fino a pochissimi anni fa non esisteva. Come ogni trattamento, credo che vada sempre ben ponderata, valutando a 360° ogni caso specifico. Il mio consiglio è quello di effettuare esami diagnostici e una visita specialistica in tempo, evitando di procrastinare fino a portare la patologia ad una gravità per cui non si è più in tempo di avere questi trattamenti come opzione.

L’artrite reumatoide

L’artrite reumatoide è una patologia cronica che provoca dolore, sensazione di calore, tumefazione e rigidità articolare con limitazione del range del movimento.

La patologia colpisce prevalentemente le articolazioni in modo simmetrico, ma essendo sistemica può coinvolgere molti organi del corpo

L’artrite reumatoide colpisce più frequentemente le donne e insorge nella maggior parte dei casi a un’età compresa tra i 40 ed i 60 anni.

Ne soffre circa l’1% della popolazione ed è quindi meno comune dell’artrosi.

Molti sono oggi i farmaci in grado di curare l’artrite reumatoide. Attraverso un trattamento appropriato, mirato alla riduzione dell’infiammazione e conseguentemente del dolore, è possibile convivere con la malattia e mantenere una buona qualità di vita.

Essendo una patologia piuttosto complessa, il trattamento dell’artrite reumatoide richiede la collaborazione di più figure professionali, tra le quali spicca quella del reumatologo.

L’artrite reumatoide può essere difficile da diagnosticare all’esordio poiché può iniziare gradualmente con scarsi sintomi; c’è da tener presente inoltre che esistono diverse malattie che in fase iniziale possono avere un comportamento simile. Per questo motivo i pazienti con sospetto di artrite reumatoide dovrebbero essere valutati da un reumatologo per la conferma diagnostica e per la somministrazione di una corretta terapia.

Gli esami di laboratorio spesso sono di aiuto per la conferma diagnostica, mentre la radiografia può essere molto utile nella diagnosi ma non evidenzia alcuna anomalia nelle prime fasi della malattia. Molto rilevante risulta invece l’ecografia articolare.

Nonostante gli ampi miglioramenti degli ultimi anni, non esiste una cura definitiva. Obiettivo dei trattamenti è quello di ridurre i sintomi del paziente e migliorare la disabilità attraverso una terapia medica appropriata. Una terapia iniziata precocemente può essere di fondamentale aiuto, salvando così le articolazioni interessate dall’infiammazione prima che vengano danneggiate in modo permanente.

La figura dell’ortopedico rientra nel pool di specialisti che può intervenire nella cura di questa patologia insieme al reumatologo, che come detto nelle righe precedenti, vede il reumatologo come specialista di riferimento.

Cuffia dei rotatori: lesione e sintomi e fattori di rischio

La cuffia dei rotatori è una struttura anatomica fondamentale per la meccanica della spalla ed è formata da quattro tendini di relativi muscoli che sono anteriormente il sottoscapolare, posteriormente il sottospinoso e piccolo rotondo e superiormente il sovraspinoso.

Agendo in maniera coordinata sono responsabili della stabilità dell’articolazione, mantenendo la testa omerale centrata nelle glena e dei movimenti rotazionali della spalla.

All’interno della cuffia, in un intervalle tra sottoscapolare e sovraspinoso, passa il tendine del capo lungo del bicipite anch’esso importante nell’ equilibrio articolare.

Internamente la cuffia riveste l’articolazione, superiormente alla cuffia troviamo un tessuto denominato borsa che riduci gli attriti tra acromion e tendini

COME AVVIENE LA LESIONE
Una lesione della cuffia dei rotatori è una condizione molto comune nella pratica ortopedica e nella maggior parte dei casi dipende da un processo degenerativo del tessuto tendineo, lento a causa del continui stress dell’articolazione e del consumo nel tempo dei tendini.

Pertanto, l’incidenza di lesione degenerativa della cuffia cresce con l’età. Il tendine più coinvolto è il sovraspinoso, per la sua posizione critica e soprattutto in soggetti con lavori usuranti e ripetitivi ma anche gli altri tendini possono essere coinvolti.

Altra causa di lesione della cuffia può essere un trauma a seguito di una caduta, di uno strappo o di sforzo nel sollevamento di pesi. In questi soggetti, spesso il trauma si associa ad un iniziale fenomeno degenerativo che ne facilita la lesione.

QUALI SONO I SINTOMI E I FATTORI DI RISCHIO PIU’ COMUNI
I sintomi più comuni di una rottura della cuffia sono il dolore, in genere a riposo e notturno e durante i movimenti del braccio, la perdita di forza. In caso di lesioni degenerative il logorio tendineo avviene nel tempo pertanto la sintomatologia può essere inizialmente lieve e presente solo in alcuni movimenti, permettendo alla spalla di trovare un compenso e successivamente peggiorare nel tempo.

I sintomi sono più evidenti e limitanti nelle lesioni acute, traumatiche con dolore intenso irradiato anche all’intero braccio, con limitazione importante nell’articolarità.

Fattori di rischio possono essere attività sportive con alta incidenza di traumatismi alla spalla come lanciatori di baseball o tennisti o attività lavorativa con sollevamenti di peso dietro la testa ( lavoatori overhead)
Nelle lesioni degenerative possono interferire fattori legati a patologie metaboliche (diabete) o abitudini di vita (fumo) che diminuiscono la vascolarizzazione del tendine.

COME DIAGNOSTICARE QUESTA PROBLEMATICA
La diagnosi di una lesione inizia dall’anamnesi e dall’esame fisico dall’ortopedico che esegue una serie di manovre e test specifici per valutare il range articolare, l’eventuale dolore e il deficit di forza.

La diagnostica per immagini prevede radiografia della spalla che può dare informazioni sullo spazio articolare, mostrare alterazioni o degenerazioni ossee, l’ecografia, che è un esame iniziale di screening sui tessuti tendinei, RMN , esame che da più indicazioni complete sulle caratteristiche della lesione, soprattutto in previsione chirurgica valutando il grado di retrazione e la qualità del muscolo residuo.

Le lesioni della cuffia possono essere parziali, ossia il tendine non è completamente lacerato e riguardare il versante articolare o bursale, oppure complete, ossia lesioni a tutto spessore, di dimensioni e forme variabili. Quando le lesioni sono importanti e coinvolgono più di due tendini, vengono definite massive.

IL TRATTAMENTO
Il trattamento chirurgico non sempre è considerata la prima scelta per tutti i tipi di lesione della cuffia, in quanto una corretta riabilitazione e una terapia medica possono essere di beneficio, ripristinando un valido equilibrio alleviando dolore e ristabilendo forza alla spalla, soprattutto in lesioni parziali e in soggetti adulti-anziani.

Quando la lesione è a tutto spessore, in un paziente attivo giovane, lavoratore, dopo insuccesso della terapia conservativa, è indicato il trattamento chirurgico.

QUANDO E’ NECESSARIO L’INTERVENTO CHIRURGICO
La rottura di un tendine della cuffia dei rotatori può essere eseguita in artroscopia, una procedura mini-invasiva che utilizza piccoli fori o portali attraverso cui si inserisce una telecamera per avere un visione chiara e riparare la lesione. Lo scopo è reinserire il tendine lesionato alla sua sede di inserzione all’osso della testa dell’omero.

Esistono diversi sistemi di ancoraggio e i più comuni sono rappresentate da ancorette di materiali differenti a cui sono inserite fili di sutura per agganciare il tendine e permettere la guarigione all’osso.

Durante l’intervento verrà inoltre rimossa in parte la borsa infiammata e degenerata, eliminata l’eventuale prominenza ossea dell ’acromion che può generare impingment o conflitto sulla cuffia e soprattutto se presente degenerazione o instabilità del capo lungo del bicipite, si esegue una tenotomia o in alcuni casi una nuova fissazione o tenodesi per eliminare il dolore.

Nel tempo gli sviluppi delle tecniche artroscopiche hanno raggiunto o oramai superato i risultati delle precedenti tecniche “open” ossia tramite incisioni aperte.

Non sempre può essere riparata una lesione della cuffia, in quanto i tendini nel tempo possono retrarsi come un elastico e la lesione diventa irreparabile o riparabile solo in parte. In questi casi la scelta del corretto trattamento è più complessa e deve essere ben discussa con il chirurgo e potrà comprendere terapie conservative come la riabilitazione e trattamenti infiltrativi per cercare un buon equilibrio della spalla, oppure valutare soluzioni chirurgiche come il transfer muscolo-tendinei o nei pazienti anziani in presenza di artrosi la possibilità di impiantare una protesi inversa.

COME RIABILITARSI DOPO L’INTERVENTO
La fase successiva ad un intervento chirurgico di riparazione artroscopica della cuffia dei rotatori ha un ruolo fondamentale nel percorso di cura in quanto è indispensabile proteggere il tendine reinserito nel suo processo di guarigione e successivamente nel ripristinare una corretta funzionalità articolare.

Sarà importante attenersi alle indicazione del chirurgo, ai tempi di guarigione e affidarsi a fisioterapisti dedicati.

Le infiltrazioni con acido ialuronico

L’acido ialuronico rappresenta un dei componenti fondamentali dei tessuti connettivi dell’organismo. È un polisaccaride con elevato peso molecolare e alta viscosità. L’acido ialuronico a livello articolare è un componente del liquido sinoviale e contribuisce alla lubrificazione della articolazione, ad attutire gli stress meccanici e a proteggere la cartilagine.

QUAL È IL SUO PRINCIPALE UTILIZZO IN ORTOPEDIA
Il suo principale utilizzo in ortopedia è nelle osteo-artrosi di articolazione come ginocchio, spalla e anca, dove si verifica una riduzione della viscoelasticità del liquido sinoviale e una riduzione della sintesi dell’acido ialuronico articolare.

CHE OBIETTIVO HA L’INFILTRAZIONE CON ACIDO IALURONICO
Le funzioni dell’iniezione di acido ialuronico sono la riduzione del dolore, il miglioramento della mobilità articolare e prevenzione del danno cartilagineo, aumento della densità dei condrociti e un effetto antiinfiammatorio.

QUANDO È INDICATA
La terapia infiltrativa à indicata negli stadi iniziali dell’artrosi e su articolazioni non particolarmente infiammate, in quanto la presenza di enzimi litici ne ridurrebbe gli effetti. Altra indicazione possono essere invece i pazienti con artrosi gravi e quadro clinico che sconsiglia un intervento chirurgico.

QUALI CATEGORIE DI ACIDO IALURONICO ESISTONO
Esistono differenti categorie di infiltrazioni di acido ialuronico, ottenute con metodologie differenti che si distinguono in base al peso molecolare con prodotti a basso-medio peso, con funzione induttiva e ad alto peso molecolare, con funzione principalmente meccanica. A seconda del prodotto e delle indicazioni, le posologie saranno differenti e da pianificare con il medico.

CI SONO CONTROINDICAZIONI?
Le infiltrazioni di acido ialuronico ( esegue con regole di asepsi) sono sicure e ben tollerate, con pochi effetti avversi come gonfiore e dolore.—

Protesi di anca: quando è davvero necessaria

Molti mi chiedono come gli innovativi trattamenti di Medicina Rigenerativa risultano efficaci sulle problematiche di artrosi.

Questa soluzione non è sempre attuabile, soprattutto quando lo stato di artrosi è già troppo avanzato.

Come orientarsi quindi?

Vediamo quali sono i casi principali in cui ci imbattiamo:

Coxatrosi (artrosi degenerativa dell’anca)
È la più comune patologia dell’anca nell’adulto e porta ad una disabilità crescente nell’arco di alcuni anni. Colpisce soprattutto gli uomini dopo i 60 anni e le donne fra i 40 e 50 anni.

Osteonecrosi della testa del femore
È una patologia simile all’infarto miocardico. Si verifica quando una parte più o meno estesa della testa del femore non riceve più un’adeguata perfusione sanguigna, tanto che il tessuto osseo va in necrosi.

Artrite
L’artrite grave può arrivare a danneggiare l’anca in modo irreversibile, ed in questo caso è inevitabile ricorrere all’impianto della protesi.

In generale consiglio di non attendere troppo tempo per ricorrere alla visita specialistica ed eseguire i giusti esami diagnostici, molte volte prima viene diagnosticata la patologia e maggiori opzioni possiamo valutare per la cura.

Cosa si intende con condropatia?

Con il termine condropatia intendiamo in maniera generica le malattie della cartilagine, indicandone un consumo anomalo che causa infiammazione e dolore.

È una problematica associabile molto spesso agli sportivi

Viene identificata per gradi:

grado 1: la cartilagine è lievemente danneggiata, presenta un rammollimento e delle piccole vescicole o punti deboli

grado 2:la cartilagine presenta alcune crepe e sono presenti delle erosioni superficiali

grado 3: la cartilagine è usurata su oltre il 50% dello strato, e ha formato crepe particolarmente profonde e dei deterioramenti importanti

grado 4: la cartilagine è seriamente compromessa da crepe profonde tali da rendere visibile l’osso sottostante

Ogni tipo di usura ha ovviamente uno specifico trattamento.

Potrebbe essere sufficiente un periodo di riposo, con assunzione di farmaci antinfiammatori; oppure un intervento fisioterapico. Nel caso della condropatia rotulea, gli esercizi di allungamento dei muscoli interni, esterni ed anteriori della coscia gioveranno per ridurre lo stato infiammatorio e doloroso.

Nei casi più gravi può essere necessario l’intervento chirurgico.

Il protocollo Fast-Track

Cosa significa?

Il protocollo Fast Track, in ambito ortopedico, è applicato alla chirurgia articolare sia ripartiva che sostitutiva.

È notevole la differenza di recupero in termini sia temporali che di efficacia clinica.

I principali benefici sono:

– Riduzione della degenza ospedaliera
– Maggior coinvolgimento del paziente nel percorso terapeutico
– Riduzione del rischio di complicanze
– Ripresa più rapida
– Minori costi di ospedalizzazione

Ai fini del raggiungimento dei risultati del protocollo Fast Track è il coinvolgimento del paziente al quali vengono fornite informazioni dettagliate.

Dopo 3/4 giorni dall’intervento vengono formalizzate le dimissioni dalla struttura operatoria.

Cosa è bene fare nella fase che precede l’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore?

La riabilitazione dovrebbe iniziare già prima della chirurgia, in quanto la lesione del legamento crociato anteriore, determina principalmente:

? deambulazione scorretta

? deficit di forza e propriocezione

? dolore

? instabilità

? episodi di cedimento articolare

? Alla luce di questo, la fase riabilitativa pre-operatoria ha come scopi quello di riprendere la totale motilità del ginocchio, diminuire il gonfiore, ottenere il controllo muscolare e la forza, in modo da ridurre l’incidenza di eventuali distorsioni che potrebbero ulteriormente danneggiare l’articolazione.

E’ importante in questa fase anche una preparazione mentale, cercando di comprendere bene il tipo di intervento, le fasi della riabilitazione, l’impegno necessario e le eventuali complicanze.

Gonartrosi: cosa è bene fare quando si presenta questa patologia

La gonartrosi è l’osteoartrite del ginocchio, una patologia cronica che deriva dall’usura delle cartilagini.

Dolore e rigidità articolare sono i principali sintomi che si manifestano.

A fronte di questa brevissima premessa, ci sono alcuni consigli preziosissimi per chi si trova ad avere la gonartrosi:

– Ridurre il peso corporeo

– Rinforzare la muscolatura, in particolare la coscia, attraverso esercizi specifici e mantenerla nel tempo

– Valutare insieme al proprio medico l’assunzione di farmaci antidolorifici e antinfiammatori e iniezioni di acido ialuronico

– Valutare l’uso di un tutore

Oltre a queste accortezze molto importanti, si può valutare uno dei trattamenti di Medicina Rigenerativa di cui si sente sempre più frequentemente parlare, e che offrono ottimi risultati quando ancora la patologia è in una fase iniziale.

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