L’ artrosi dell’anca è una delle patologie più frequenti nell’ambito della chirurgia ortopedica.
La coxartrosi prevede la graduale usura dell’articolazione determinando perdita di cartilagine determinando una grave limitazione nella vita del paziente.
Negli ultimi anni abbiamo assistito allo sviluppo di impianto protesici sempre più sofisticati e nuovi, garantendo una durata sempre maggiore e performance migliori ai pazienti. Vi è pertanto una crescente importanza al recupero funzionale dopo un intervento all’anca, alla fase riabilitativa e al rapido ritorno alle normali attività.
Negli ultimi anni sono state adottate alcune innovazioni nel percorso di cura con adozione del protocollo Fast Track, praticato largamente negli Stati Uniti e Nord Europa, che prevede una gestione medica e chirurgica per ridurre lo stress operatorio iniziando dall’educazione del paziente, da approcci meno invasivi, controllando il dolore e le perdite di sangue in maniera da eseguire precocemente la riabilitazione e determinare un rapido recupero.
Questo articolo contiene informazioni sull’intevento all’anca e consigli da adottare nelle diverse fasi del percorso chirurgico-riabilitativo in quanto l’educazione del paziente, l’informazione e la partecipazione ad un programma di riabilitazione condiviso hanno lo scopo di migliorare notevolmente il processo di recupero dopo un intervento di protesi di anca. Il paziente è parte attiva di questo percorso.
COSA CAUSA LA COXARTROSI
L’articolazione dell’anca può essere danneggiata da diverse patologie che ne determinano l’usura e la compromissione.
La più frequente è l’artrosi primaria che colpisce più frequentemente le persone anziane dovuta al consumo graduale articolare, ma si può riscontare anche in soggetti più giovani.
Cause possibili di degenerazione possono essere forme secondarie come l’Artrite reumatoide o altre forme di malattie autoimmuni, esiti di fratture-lussazione del femore o del bacino, artrosi secondarie a displasia congenita o epifisiolisi o ancora necrosi avascolare dell’epifisi femorale.
La coxartrosi causa dolore e rigidità articolare determinando limitazione funzionale e difficoltà anche a svolgere attività semplici come camminare o mettersi le calze o scarpe.
La diagnosi di coxartrosi è determinata ovviamente dalla clinica del paziente e dall’esito degli esami strumentali. La semplice radiografia del bacino e laterale dell’anca definisce in maniera accurata il grado di artrosi individuando i casi più gravi in cui lo spazio articolare è minimo con contatto tra acetabolo e epifisi femorale. Nei casi più complessi è di aiuto la TC
(anche con ricostruzioni tridimensionali) o RMN ad esempio nei casi di necrosi avascolare.
IN COSA CONSISTE L’INTERVENTO DI PROTESI DI ANCA PER VIA MINI-INVASIVA
L’intervento chirurgico di protesi dell’ anca ha lo scopo di sostituire l’articolazione con impianto che riproduca la meccanica dell’anca nativa.
Il paziente viene preparato all’intervento tramite un pre-ricovero, in cui si spiega l’intervento, le possibili complicanze, si eseguono esami ematici, nuovi esami strumentali e visite anestesiologica e internistica.
Le anestesie più comuni sono l’anestesia spinale o generale.
L’intervento di protesi del ha una durata compresa tra un’ora e le tre ore, a seconda della complessità del paziente.
Da sempre adottiamo tecniche di chirurgia MIS, Minimal Invasive Sur-gery, che consistono nel rispetto di principi base, come ridotta incisione chirurgica, risparmio dei tessuti, strumentari dedicati che determinano un evidente miglioramento nei risultati clinici.
L’approccio chirurgico che attualmente utilizzo è un accesso mini-invasivo anteriore ( longitudinale o a “bikini”) che prevede il passaggio tra il muscolo tensore della fascia e il sartorio, quindi raggiungendo l’articolazione dell’anca senza danneggiare nessun muscolo.
Altre vie d’accesso che possono essere utilizzate a seconda del pazien-te, possono essere un accesso mini-invasivo postero-laterale che sa-crifica parte dei muscoli extra-rotatori, oppure una via d’accesso mini-invasiva laterale o laterale diretto che prevede una disinserzione parziale dei glutei.
Indipendentemente dall’approccio utilizzato, successivamente viene ri-mossa la testa del femore degenerata e successivamente preparato l’alloggiamento protesico nell’acetabolo e nel femore.
Vengono quindi impiantate le componenti protesiche, inserite nella maggior parte dei casi a pressione “press fit”, più raramente, qualora la qualità dell’osso non sia ottimale, con ausilio di cemento
L’accoppiamento tra le due componenti e la giusta articolarità vengono determinate da un inserto all’interno della componente acetabolare e da una testina sullo stelo femorale
Esistono tantissimi modelli protesici, sia tradizionali sia di nuova gene-razione che utilizziamo, così come esistono diversi materiali per l’accoppiamento tra acetabolo e stelo, scelti in base al tipo di paziente, all’età, alle richieste funzionali ( in genere utilizziamo ceramica-ceramica e polietilene e ceramica)
Una volta impiantate le componenti, si eseguono tests per saggiarne la motilità e la stabilità e la metria, al fine di controllare l’impianto eseguito ed evitare complicanze post-operatorie.