L’artrosi è una patologia che prevede la graduale usura dell’articolazione causando perdita di cartilagine, danni all’osso subcondrale e modifiche strutturali del ginocchio. Colpisce più frequentemente le persone anziane, ma sempre di più interessa anche pazienti giovani, in particolare a seguito di traumi, interventi ( meniscectomie) o presenza di deviazioni assiali del ginocchio.
La persona soffre di dolore crescente all’articolazione, con progressiva limitazione della funzionalità alla flesso-estensione, fino ad arrivare a difficoltà anche a svolgere attività semplici come camminare o fare le scale.
Si prende in considerazione l’intervento di protesi quando i trattamenti non chirurgici, come riposo, antidolorifici, infiltrazioni, riabilitazione non risultano più efficaci e gli esami strumentali, tra cui fondamentale è una corretta radiografia sotto carico che permette la classificazione dell’artrosi, confermano la gravità dell’artrosi.
L’intervento chirurgico di protesi del ginocchio prevede la sostituzione dell’articolazione attraverso un impianto che riproduca il giusto allineamento.
Il ricovero avviene il giorno precedente l’intervento per poter effettuare gli esami preparatori e la visita dell’anestesista.
Il posizionamento della protesi viene preceduto da un attento planning preoperatorio.
Ci affidiamo, soprattutto nei casi più complicati, alla preparazione con TC, dato che stiamo introducendo l’ausilio robotico.
Le estremità del femore e della tibia vengono preparati in maniera estremanente attenta per ricevere l’impianto protesico scelto. Al femore si dovrà adattare un piatto tibiale nuovo. Appositi strumentari consentono di scegliere la giusta taglie al fine di ricreare la giusta biomeccanica del ginocchio.
In mezzo viene inserito uno spaziatore che ha il compito di sostituire la cartilagine, con la funzione di proteggere ed assorbire i carichi tra femore e tibia.
L’intervento di protesi del ginocchio ha una durata compresa tra un’ora e le tre ore, a seconda della complessità del paziente e del ginocchio.
Da sempre adotto tecniche di chirurgia MIS, Minimal Invasive Surgery, che garantiscono una ridotta incisione chirurgica, un notevole risparmio dei tessuti e ci consentono di utilizzare strumentari dedicati determinando un evidente miglioramento nei risultati clinici.
Il ginocchio è diviso in tre grandi compartimenti, interno, esterno e femoro-rotuleo.
Possiamo optare per diversi tipi di protesi, in relazione alla patologia del paziente e alle sue particolari esigenze.
Protesi monocompartimentali
L’artrosi di ginocchio può essere limitata ad un solo compartimento del ginocchio (sia interna che esterna), per cui è possibile optare per la sostituzione di un solo compartimento dell’articolazione.
Questo tipo di protesi è indicata in situazioni in cui incontriamo un articolazione stabile e un artrosi localizzata, senza importanti deviazioni del ginocchio, in genere in persone ancora giovani oppure sopra gli 80 anni.
Tra i casi che possiamo incontrare, più frequente è quella relativa alla sostituzione del compartimento interno o mediale.
Importante è anche la possibilità, grazie a nuovi modelli protesici a nostra disposizione negli ultimi anni, di eseguire maggiormente interventi di protesi rotulea, nel caso incontriamo una patologia degenerativa dell’articolazione femoro-rotulea.
Numerosi studi evidenziano, a fronte naturalmente dell’indicazione corretta, come i risultati clinici dei pazienti operati dei protesi mono sono eccellenti.
D’altra parte i vantaggi rispetto alle protesi totali sono molteplici, tra i principali minor dolore, minor perdita di sangue, recupero rapido, minor cicatrice e soprattutto la sensazione della persona di un ginocchio naturale, vista la conservazione dei propri legamenti.
Protesi totali
La protesi totale del ginocchio va a sostituire tutti i compartimenti del ginocchio, consentendo di riprodurre le sue funzioni naturali.
Studi biomeccanici e clinici ed evoluzione dei materiali hanno portato le attuali protesi di ginocchio ad essere sistemi altamente performanti.
In relazione al paziente ed alla sua patologia, troviamo protesi che “sacrificano” il legamento crociato posteriore (LPS) e altre che invece conservano il legamento crociato posteriore (CR) . Oggi, grazie all’innovazione tecnologica nel campo della chirurgia, abbiamo a disposizione protesi in grado di conservare entrambi i legamenti crociati.
L’intervento di protesi al ginocchio viene attualmente considerato un’intervento sicuro, con una bassa percentuale di complicanze, anche se sempre da considerare, e consente un ritorno alla vita quotidiana senza dolore.
Il risultato finale dipenderà dalla tecnica chirurgica appropriata, dal tipo di paziente e anche da un percorso riabilitativo pre e post-operatorio, condiviso e seguito con il chirurgo.
Tutti questi passi del percorso chirurgico, potranno portare il paziente a riprendere le sue attività, fino a consentire anche attività sportive come tennis, bicicletta e golf.
Anche come durata sono stati fatti notevoli miglioramenti. Oltre il 90% delle protesi totali del ginocchio ha una durata di 15 e oltre dall’intervento, e per quanto riguarda le protesi impiantate negli ultimi anni, c’è da aspettarsi una percentuale di durata ancora maggiore.
La durata e la longevità della protesi dipendono indubbiamente dal corretto impianto chirurgico, ed anche dal corretto utilizzo che il paziente ne farà dopo l’operazione. Qualsiasi protesi è soggetta a usura in corrispondenza dello polietilene, cioè della parte che sostituisce la cartilagine. Un peso corporeo eccessivo, un’attività sportiva troppo impegnativa, lavori usuranti o traumi possono compromettere la durata della protesi, con eventuale possibilità di revisione.
La riabilitazione dopo l intervento rappresenta un passo importante nel percorso di cura del paziente verso la ripresa delle sue attività e ne determina, come detto, il risultato finale
La fase riabilitativa rientra nel cosidetto percorso “fast track” applicato all’intervento, ossia una serie di passi nel percorso di cura al fine di incrementare i risultati, diminuire il dolore, velocizzare il recupero articolare, ridurre la degenza, cercando di rendere l’intervento di protesi un intervento più “semplice” per il paziente.
Tutta questa fase va sempre seguita da professionisti e supervisionata dal chirurgo.